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In un mondo che promuove solo chi arriva più in alto e in breve tempo, ci siamo dimenticati che la vera chiave del successo è saper reagire alle sconfitte. Come nello sport

di Lorenzo Mameli

“Credo di aver imparato molto di più perdendo che vincendo. Le sconfitte vanno affrontate per quello che sono: non sono la fine del mondo, è da quei momenti di difficoltà che crescono i campioni.” Così si è espresso Martin Castrogiovanni, ex pilone della nazionale italiana di rugby, sul tema della sconfitta.
Oggi più che mai queste parole, apparentemente scontate, possono essere d’esempio per tantissimi giovani che si trovano per la prima volta davanti alla paura di sbagliare.


Sbagliare, soprattutto per le nuove generazioni, sembra essere diventato un tabù, così come sta diventando sempre più difficile parlare apertamente dei propri fallimenti. La pressione costante a dover ottenere il massimo risultato è disumana e dannosa per chi si approccia per la prima volta alle nuove sfide della vita. Ambienti come la scuola e l’università, che dovrebbero essere luoghi di opportunità e crescita, si stanno trasformando in ambienti tossici da questo punto di vista.
Ad aggravare questa ansia sociale che preme sui giovani sono i modelli che vediamo ogni giorno sui social: ragazzi che escono con 100 alla maturità, finiscono la triennale prendendo tutti 30, e dopo il master e diventano amministratori delegati di un’azienda. Non ci sono alternative: o diventi così o sei nulla.

La salute mentale di chi deve confrontarsi quotidianamente con questa situazione è a rischio, e i dati parlano chiaro: il tasso di abbandono universitario non è mai stato così alto, 7,3% secondo il MIUR, e gli episodi di autolesionismo tra gli studenti sono sempre in aumento. A pagare le conseguenze del dover arrivare sempre al successo non solo i giovani: nello sport il successo è da sempre considerato l’obiettivo da raggiungere a tutti i costi, ma il fallimento non deve mettere in discussione tutto il percorso che c’è stato prima.
Si sta progressivamente dimenticando la dignità che c’è nel fallire e nel sapersi rialzare dopo una sconfitta. Molti grandi dello sport si sono espressi riguardo questo tema, soprattutto nella cultura statunitense, dove la ricerca del successo è sempre stata centrale.
Per questo motivo hanno fatto scalpore le parole di Giannis Antetokounmpo, stella della NBA, dette a Maggio 2023, dopo l’eliminazione dei suoi Milwaukee Bucks dai Playoff. Dopo un incalzante domanda che lo accusava di aver fallito, il cestista greco ha risposto così:

“Ogni anno ognuno lavora per raggiungere un obiettivo, una promozione o semplicemente prendersi cura della propria famiglia. Non esiste fallimento: esistono passi avanti verso il successo e ci devono sempre essere. Michael Jordan ha giocato per 15 anni e ha vinto 6 campionati, quindi gli altri 9 dovrebbero essere un fallimento per te? Ovvio che no, quindi questa domanda non ha senso. Non esiste fallimento nello sport: ci sono giorni in cui vinci e altri in cui perdi e vedrai altri vincere. Non si può sempre vincere, e il mio obiettivo è quello di provarci il prossimo anno sempre con più convinzione e giocando meglio.”


Altre dichiarazioni a riguardo sono state fatte da Allen Iverson, allora premiato come miglior giocatore dell’anno, dopo la sconfitta subita alle Finals:


“Sono l’mvp, sono stato eletto il miglior giocatore di basket del mondo, e quando perdo devo affrontare tutto questo? Non posso batterli tutti, sono un essere umano proprio come voi e probabilmente voi siete migliori di me ai vostri occhi e di quelli che vi amano. Siete come me, non ci sono differenze: sanguinate come me, piangete e soffrite come me, non ci sono differenze. Devo essere criticato perché vengo pagato per giocare a pallacanestro? Anche voi venite pagate per il vostro lavoro, proprio come me, ma non son qui a criticare le vostre domande, i vostri articoli o qualcos’altro, siete umani. Provate a mettervi nei miei panni, non per una giornata, solo per un minuto: vi renderete conto di quello con cui devo avere a che fare nella mia vita. Il mio migliore amico è morto e abbiamo perso: è questo quello con cui devo convivere per tutta l’estate finché la stagione non sarà iniziata di nuovo. Ora tornate a casa e vivete la vostra bella vita godendovela al massimo.”


Abbiamo creato una società che non ci lascia più sbagliare, in cui viene idolatrato solo chi raggiunge il gradino più alto nel minor tempo possibile. Non c’è più spazio nella narrazione per lo sconfitto, lo giudichiamo senza scrupoli e lo etichettiamo come fallito al primo passo falso. Abbiamo dimenticato quanta forza di volontà serve per rimettersi in gioco dopo una caduta. Perché alla fine dei conti si merita più applausi chi riesce ad alzarsi dopo un brutto fallimento di chi ce la fa senza cadere mai.

L'autrice / autore

Sono da sempre affascinato dalle storie degli antieroi e di chi viene dimenticato perché sconfitto. Amo lo sport perché riesce a trasmettere quella passione e quelle emozioni che cerco di raccontare e diffondere attraverso i miei articoli.