Siano andati in un rifugio molto speciale per capire cosa ci racconta la montagna e i segni di sofferenza che sta mostrando. Intervista a una guida del soccorso alpino
di Agostino Lenzi e Isacco Marcucci
Qualcuno ancora preferisce la montagna al mare? Sembra una domanda da scuola elementare, ma nasconde una profonda verità della nostra società. Io e Isacco abbiamo scoperto la risposta andando a fare una esperienza molto particolare nell’Alta Val Formazza. Infatti siamo stati assoldati dall’associazione Mato Grosso per andare a fare una settimana da rifugisti al Claudio e Bruno, un rifugio che si trova a 2721 metri.
Quando siamo arrivati la prima cosa che ci ha colpito è stato il paesaggio così diverso da quello che ritroviamo nella montagna più turistica. Infatti l’ambiente è più selvaggio, con pochissimo verde, tantissima roccia e un ghiacciaio che si erge imponente sopra un lago di origine glaciale. Allo stesso modo il rifugio si adatta alla montagna perfettamente posizionandosi accanto al ghiacciaio e ai piedi di una ripida salita. La struttura, fatta di pietre e legno, appare piccola e semplice ma allo stesso tempo robusta.
Il mondo, che abbiamo trovato a 2721 metri di altezza, rappresenta un tipo di montagna che la nostra società si è dimenticata ormai da tempo e che mostra, meglio di qualsiasi altro posto, il cambiamento più famoso della terra: il cambiamento climatico.
Ma cosa c’entra il cambiamento climatico con la montagna?

La foto, presa da una cartolina venduta al rifugio Claudio e B runo e messa qua sopra, rappresenta il ghiacciaio Sabbione visto dalle sponde del lago omonimo a metà degli anni ‘90. Il ghiacciaio occupa il pendio che scende in direzione Nord-Est dalla punta d’Arbola (3235) fino al lago Sabbione. Il ghiacciaio Sabbione, che abbiamo visto noi quando siamo saliti al rifugio Claudio e Bruno, invece si è presentato in maniera un po’ diversa.

Il cambiamento è travolgente, tanto che la foto della cartolina sembra rappresentare un altro luogo. Secondo quanto dice sul sito astrogeo il Centro Geofisico Prealpino della Lombardia, che ha riportato i dati riguardanti il ghiacciaio Sabbione dal 2012 al 2021, il ritmo dello scioglimento frontale sta proseguendo a ritmi elevatissimi. Il Centro Geofisico ha registrato che dal 2012 al 2021 il ghiacciaio è arretrato di 384 metri. Annate particolarmente importanti sono state quelle del 2015 e del 2019: nel primo caso il ghiacciaio si è ritirato di 60 metri, mentre nel secondo caso di 180 metri. L’arretramento del permafrost, che è lo strato di ghiaccio perenne, lo possiamo notare anche dalla colonizzazione della vegetazione pioniera nelle zone dove si è ritirato il ghiacciaio.

Le immagini sono state concesse dal sito Astrogeo, che ha raccolto il lavoro degli scienziati in questa valle dal 2012 al 2021.
Non è l’unico caso di scioglimento del permafrost quello riguardante il ghiacciaio Sabbione. Infatti ci sono stati molti eventi che ci testimoniano la fase critica che stanno passando le zone glaciali delle nostre montagne. L’esempio più plateale e anche più tragico è quello del crollo del ghiacciaio della Marmolada nel luglio 2022. Infatti cadde giù un grosso pezzo di ghiaccio per via della grande quantità di acqua liquida presente nel ghiacciaio. La presenza di quest’acqua fu causata dallo scioglimento innaturale del permafrost, dovuto all’aumento, durante il 2022, della temperatura media e alle scarse precipitazioni nevose invernali. L’insieme di questi fattori ha portato poi alla tragedia del crollo del ghiacciaio che ha provocato 10 morti.
Lo scioglimento innaturale dei ghiacciai avviene principalmente a causa del riscaldamento globale, termine che in climatologia è usato per indicare il cambiamento del clima terrestre iniziato dalla fine del XIX secolo fino a ora. Il fenomeno è caratterizzato in generale dall’aumento della temperatura media globale e da conseguenti fenomeni atmosferici come alluvioni e siccità. Le cause sono principalmente: l’uso di combustibili fossili, che portano all’emissione di un’elevata quantità di anidride carbonica; le attività agricole intensive; la deforestazione. Questi tre fattori portano all’aumento dell’effetto serra, che è quel processo grazie al quale la terra è in grado di mantenere una temperatura ideale per la sopravvivenza dell’uomo. Grazie alla grande emissione di anidride carbonica l’effetto serra è aumentato a dismisura facendo aumentare la temperatura della terra.
L’aumento della temperatura colpisce dunque i ghiacciai, che sciogliendosi fanno franare la roccia portando disastrose conseguenze. Secondo la previsione dello studio dell’Università di Losanna, pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, se il riscaldamento globale continuerà a questo livello, i ghiacciai delle Alpi sono destinati a dimezzarsi entro il 2050, perdendo circa il 46% del loro volume. Di conseguenza sempre più aree di massa rocciosa rimarranno esposte, cosa che farà aumentare in poco tempo il numero delle frane. La particolarità di questo studio è che l’Università di Losanna si è concentrata, a differenza di altri studi, sul fare previsioni nel breve periodo, in modo da dare maggiore rilevanza a questo fenomeno estremo e tremendamente attuale. Infatti, anche se il riscaldamento globale si dovesse fermare ora, le Alpi perderebbero lo stesso il 34% della loro massa glaciale entro il 2050. Allo stesso tempo l’Università di Utrecht ha scoperto che l’erosione delle pareti rocciose è drasticamente diminuito. Il crollo del tasso di erosione è dovuto a molti fattori tra cui l’aumento delle fratture nelle rocce causate dal continuo alternarsi di temperature sopra e sotto lo zero e anche lo scioglimento del permafrost che ha fatto abituare la roccia a una minor quantità di ghiaccio. Questo però non diminuisce il numero di frane di piccole dimensioni, che poi porteranno all’aumento anche di quelle più grandi.
La montagna ci urla un messaggio che nessuno capisce. Ma chi la capisce veramente la montagna?
Una storia di chi la montagna la capisce davvero (intervista a Lorenzo Gaggini, membro del soccorso alpino e amante della montagna)
- Ti volevamo chiedere se potevi raccontarci chi sei e cosa fai nell’ambiente della montagna
Mi chiamo Lorenzo Gaggini e faccio parte del soccorso alpino come volontario, ultimamente ho ottenuto un ruolo superiore ossia quello di tecnico di soccorso alpino (TSA). Per il resto vado in montagna da quando ero piccolo e faccio di tutto: arrampico, scalo sul ghiaccio e faccio alpinismo.
- Cos’è per te la montagna?
La montagna è il posto dove ho più soddisfazione in assoluto. Esco dal mondo della città ed entro in un mondo mio che mi da tanta soddisfazione.
- Come, secondo te, dovrebbe porsi l’uomo per rispettare la montagna?
Per rispondere a questa domanda userò una frase che ho trovato in un rifugio: “in pochi possono dare del tu alla montagna, ma quei pochi che possono non lo danno”. Bisogna avere tanto rispetto per i posti in cui si va. Inoltre una particolarità della montagna è che non siamo noi che dobbiamo adattare la strada per arrivare prima alla cima (come in città dove plasmiamo l’ambiente per facilitare l’arrivo alla meta) ma dobbiamo adattarci a quello che la natura ci offre per raggiungere il nostro obiettivo. Questo concetto lo rivedo soprattutto nell’arrampicata dove bisogna attaccarsi alla roccia e non la si può scavare per creare una presa migliore. Bisogna dunque ricordarci che noi siamo ospiti della montagna.
- Dal punto di vista della pulizia come si rispetta la montagna?
La montagna non è di nessuno ed è di tutti. Spesso vediamo che molti turisti occasionali della montagna sporcano la natura buttando cartacce per terra, però non è detto che solo loro la rovinino; infatti si vedono anche molti veterani che lo fanno. Non bisogna abbandonare niente indietro e lasciare la montagna così come l’abbiamo trovata.
- Cosa consigli a una persona che vuole affacciarsi al mondo della montagna?
Primo consiglio, l’entusiasmo e la curiosità di ammirare la natura. Un consiglio più tecnico è quello di fare qualche corso con le guide alpine e non improvvisarsi alpinisti, senza sottovalutare la montagna. Esistono molti corsi completi che ci insegnano come approcciarsi ai sentieri e alle vie.
- Secondo te noi ragazzi come possiamo muoverci per sensibilizzare sulla questione dei ghiacciai?
La gente ha davanti tutti i campanelli d’allarme per capire che sta andando malissimo. Dal punto di vista delle montagne, i ghiacciai sciogliendosi tolgono il collante che tiene unita la roccia e così frana tutto. Lo vediamo da tutte le frane che ci sono state nell’ultimo periodo, come in Marmolada e ora ultimamente anche qui in Valtellina. La montagna da sola ci sta sensibilizzando. Noi giovani vivremo nel futuro e quindi dobbiamo muoverci cercando di fare il più possibile per rimediare, anche se, secondo il mio punto di vista pessimista, noi possiamo fare quello che vogliamo, ma alla fine quello che conta è il vile denaro
- Ci saluti con una tua conclusione?
In conclusione bisogna sempre un po’ ricordarsi che la montagna è scomoda e faticosa ed è per questo che ci piace così tanto. Infatti nella vita di città cerchiamo sempre la via più comoda, veloce e meno faticosa, la montagna invece ci chiede l’opposto quindi di andare più lenti e per vie più faticose. Questo gli dà un che di poetico.
L'autrice / autore
In quel di Prato passo la mia vita tra libri, videogiochi e film. Da poco ho trovato la mia passione, il giornalismo. Non quello di bassa qualità, basato sulla popolarità e lo scandalo, ma quello che ha cambiato il mondo e ha portato alla libertà.