Volevo far sparire il mio corpo

La testimonianza-confessione di Ginevra, una di noi, caduta nella spirale dell’anoressia

Ho 17 anni e soffro di un disturbo alimentare da quando ne avevo 13. In particolare soffro di anoressia nervosa e voglio raccontare di come questa malattia ti possa distruggere fino all’osso. Onestamente non ho ricordo di come tutto sia iniziato, so bene, però, che iniziò a causa della mia immagine corporea: non mi vedevo bella, il mio corpo era una trappola dalla quale non potevo uscire, non avevo la chiave per scappare ed ho quindi dovuto conviverci. Ma se qualcosa non piace non puoi conviverci serenamente, e così è stato anche per me: dovevo trovare un modo per sentirmi libera, leggera.

Così iniziò la battaglia. Non smisi subito di mangiare, era difficile farlo inizialmente. Cominciai a sviluppare degli escamotage per svuotarmi da tutto il cibo introdotto all’interno del mio corpo, credevo fosse la soluzione migliore. Quando la mia gola bruciava io sorridevo, da qui smisi di ragionare e capii che la mia mente era divisa in due: non si parla di emisfero sinistro e destro: dentro di me avevo un pensiero che però era censurato, contrastato, soffocato da un mostro. Ogni volta credevo che, in quel momento, stessi vivendo il periodo peggiore della mia vita. Ogni volta che vedevo il mio peso scendere ero felice, vivevo per vedere i numeri nella bilancia calare, vivevo per far sì che nessuno mi vedesse. Il mio corpo iniziò piano piano ad avere effetti terribili. 

Ovviamente non parlerò di numeri, credo proprio che accennare il mio peso più basso sarebbe solamente una tortura per me e le altre mille persone che, purtroppo, sono all’interno della stessa cerchia. Arrivai al limite, non ragionavo più, quel che dicevo non lo pensavo, e le mie parole non erano affini a me. Non ero io in quegli istanti. Anche la vista si offuscava spesso, insieme alla mente, e alle interrogazioni non riuscivo proprio a comprendere dove mi trovassi. Nella mia mente rimbalzava continuamente una frase detta da mio padre: “Amore, per favore, stai scomparendo. Mangia. Sei dimagrita abbastanza. Troppo. Stai sparendo…”.

Arrivò il fatidico momento in cui persi i sensi e non riuscivo a concepire come ciò fosse possibile. Io credevo di star bene, di non aver niente di sbagliato, ma non era effettivamente così. 

Fui ricoverata due volte. La prima durò pochi giorni, era estate e sicuramente il caldo non aiutava la mia situazione. Quando tornai a casa entrai in un loop infinito, i miei genitori erano a lavorare e non riuscivano a controllare bene i miei comportamenti. Di conseguenza la mia salute andò a deteriorarsi e ricordo bene il momento in cui la malattia mi portò via il sorriso, non riuscivo più a ridere. Avevo perso le forze persino per essere felice. Durante il mio secondo ricovero d’urgenza, invece, tutto si fermò di scatto. Vedevo la tristezza negli occhi dei miei familiari, percepivo l’ansia dei miei amici, che spesso venivano a trovarmi. Mi mancava relazionarmi come gli altri, mi mancava essere libera, mi mancava perfino la scuola. 

In quel momento credevo che la mia dimissione non sarebbe mai avvenuta e temevo di non riuscire a migliorare, di non poter più essere la Ginevra che c’era prima che la malattia prendesse il sopravvento. Tuttavia, queste sono rimaste solo delle credenze. Sto riprendendo in mano la mia anima, che un essere maligno stava risucchiando, e non vedo l’ora di averla tutta in corpo, finalmente. Il giorno in cui mi dimisero, quando varcai la porta d’uscita, tutto sembrava così surreale, non riuscivo a credere di aver raggiunto quel traguardo. Ovviamente non fu semplice affrontare il ritorno a casa: i medici mi vietarono le uscite con gli amici, lo studio, la mia vita di prima. Uscire semplicemente di casa era ancora un pericolo per il mio corpicino, ma col tempo sono riuscita ad abbattere le frontiere.

Queste esperienze ti segnano nel profondo, non dimenticherò mai il male che ho passato in quei momenti, ma hanno fatto parte della mia vita. Se ne sei dentro fidati di me, ne uscirai, passo dopo passo. So che questa è una frase sentita e risentita, ma accadrà. Ne sarai felice, potrai tornare a fare tutto ciò che amavi in precedenza e capirai che non vale la pena vivere tra i numeri, non vale la pena sentirsi male ogni giorno. Affidatevi a chi è esperto in materia, chiedete aiuto. Non fidatevi della vocina che, ogni giorno, racconta menzogne. E soprattutto amatevi, perché “se ti ammazzi per voler sembrare bella ai tuoi occhi, tanto severi, come farai poi a guardarti?“. 

Ginevra L.

L'autrice / autore

Nata e cresciuta in Versilia, passo le mie giornate a leggere, scrivere e studiare. Amo l’astronomia, trovo l’universo spaventosamente interessante, e, a proposito di spaventoso, la mia più grande passione è il true crime, che mi accompagna fin dalle elementari. Credo che il viaggio sia uno dei pochi mezzi che abbiamo a disposizione per conoscere e soprattutto per confrontare il nostro pensiero con quello altrui.