di Agostino Lenzi
Perché essere cittadini italiani non vuol dire solo avere una piccola tessera con nome e cognome sopra? Noi spesso non siamo in grado di rispondere, visto che nasciamo con la carta d’identità già in tasca, ma proviamo a chiederlo a chi la cittadinanza per molto tempo non l’ha mai avuta: Mourad è un ragazzo di origine marocchina che sta in Italia da quando era bambino. Vive a Prato. Ecco il nostro dialogo:
AGOSTINO: Quanto tempo sei stato senza avere la cittadinanza?
MOURAD: Dal 2001 fino al 2020. Per 20 anni.
A: Eh, appunto. Quindi pensa te. Quando sei arrivato in italia?
M: Fra il 2000 e il 2001
A: Quanti anni avevi?
M: 1 anno
A: Quindi, vabbè, sei più italiano che marocchino, in pratica sei sempre stato qui. Ti volevo chiedere: com’è sentirsi italiani senza però esserlo ufficialmente, diciamo così?
M: Eh, non lo senti al 100%, perché… almeno non è proprio il mio caso, perché io, tralasciando la mia cittadinanza, avevo un permesso di soggiorno illimitato, capito?
A: E che vuol dire?
M: Vuol dire che ero cittadino europeo. Ero l’unico in famiglia ad essere straniero, perché gli altri erano tutti italiani. Era illimitato, ma dovevo andare magari ogni due o tre anni al consolato a Bologna, quello marocchino, per rinnovare il passaporto. E già prendere la cittadinanza mi ha tolto queste beghe, capito? Ogni volta dover andare…Però io conosco ragazzi, anche miei colleghi albanesi, tipo uno è qui dal 2005, che non hanno ancora la cittadinanza. Forse non la vuole prendere. Ma deve sempre rinnovare il permesso ogni anno o due, capito? Perché nemmeno i genitori ce l’hanno. Quindi sì, ti puoi sentire italiano sotto certi aspetti, però alla fine… “carta canta”, capito?
M: Ormai abbiamo una certa età e iniziamo a cercare cose più grosse, tipo un prestito in banca. E se sei straniero – mi è successo – devi avere tantissime credenziali, anche uno che ti appoggia, capito? E mi disse proprio quella della banca: “Guarda, se diventi italiano, fra un mese te la dò. Mi bastano carta d’identità, tessera sanitaria e buste paga”.
Invece da straniero, anche dopo 20 anni che ero qui, con contratto a tempo indeterminato e tutto, rimaneva sempre quella macchietta: “Non sei italiano, non sei affidabile al 100%”. Serviva sempre un garante italiano, capito?
E non parliamo degli affitti. Puoi essere qui da 20 anni, lavoratore e tutto, ma appena sentono che sei straniero… Già il 70% ti ritira l’offerta, capito?
A: Addirittura.
M: Eh, davvero. Ho l’esempio di mio cugino: non gli hanno dato casa. Non riesce proprio a trovarla, sinceramente.
A: Immagino sia dura. Perché poi dopo così tanto tempo qui, con amici, scuola… Alla fine l’unica differenza è che tu sei nato in Marocco, ma per il resto sei sempre stato qui.
M: Quanti anni hai ora?
A: Io? 20 a settembre.
M: Ecco, io sono in Italia da 23–24 anni. Sono più “italiano” di te, in un certo senso, capito?
Ho superato la maggiore età qui, ho fatto i 18 anni in Italia.
A: Poi ti volevo chiedere se mi potevi raccontare di una tua esperienza in questura…
M: Ah, sì. È peggio di essere numeri. Quando il problema non è tuo, te ne freghi. Ma lì c’è gente che è venuta 20 volte, ha preso permessi al lavoro, ha pagato documenti… e a loro (quelli della questura) non gliene importa. Se è il tuo giorno, bene. Se no, non ti vengono incontro. Ogni giorno hanno a che fare con 100 persone, sempre di fretta. Quindi diventa routine per loro. Non ci vanno neanche volentieri a lavorare. Ma è così in tutte le questure italiane. Un casino. E poi ci sono le cose brutte. Una volta ho visto una signora albanese, 80 anni, con la figlia. La figlia dice “i documenti li deve fare mia madre”, e l’impiegato: “Allora entra solo lei”. La figlia gli risponde “Però non capisce l’italiano!”
l’altro allora dice “Non mi interessa. Torni in Albania, impari l’italiano e poi venga a fare i documenti”. Cioè, che fai? La mandi via? Non cerchi nemmeno di risolvere. Sì, magari la regola è giusta, ma alla fine siamo tutti umani. Se fosse stato un italiano, non credo sarebbe andata così. non parliamo tanto di razzismo, perché bisognerebbe scriverci un capitolo a parte. È proprio non aver voglia di aiutare il prossimo. E poi anche solo passare davanti alla questura… le persone in fila, magari ora si sta anche meglio, ma d’estate è una cosa terribile. Non c’è una struttura che possa accoglierti. La gente è lì dalle 6 di mattina. Non puoi andare alle 10:30, trovi una fila chilometrica. È come un gregge di pecore.
M: E poi ti dico un’altra cosa: quando sei in centro o alla stazione e ti ferma la polizia. Prima, da straniero, ti guardavano male, ti tenevano lì 5–10 minuti. Ora invece che ho quel “ITA” sulla carta d’identità, vai tranquillo. È come se quell’“ITA” avesse cancellato 20 anni della mia vita. Prima cos’ero? Un criminale? Ero lo stesso di prima, è cambiata solo una sigla.
L'autrice / autore
In quel di Prato passo la mia vita tra libri, videogiochi e film. Da poco ho trovato la mia passione, il giornalismo. Non quello di bassa qualità, basato sulla popolarità e lo scandalo, ma quello che ha cambiato il mondo e ha portato alla libertà.