Dialogo con tre ragazzi diciottenni dopo lo choc per Giulia Cecchettin. I maschi sono disposti ad allearsi con le ragazze nella battaglia contro la violenza sulle donne?
La vicenda di Giulia Cecchettin, studentessa di soli 22 anni uccisa dall’ex ragazzo l’11 novembre scorso, ha acceso un fuoco negli animi di tutte le donne italiane che, in ricorrenza della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, sono scese in piazza, decise a non far passare quello di Giulia solo come l’ennesimo caso di femminicidio. Ma è una lotta che dobbiamo combattere da sole? Aldo Cazzullo, scrittore e giornalista italiano, ha scritto: “Siamo noi uomini a dover cambiare e fermare i violenti”. Ebbene sì, i femminicidi riguardano innanzitutto gli uomini, non tanto in veste di carnefici quanto in quello di alleati: perchè una donna che viene privata della propria vita o della propria libertà è un problema che riguarda tutti, non soltanto le vittime.
Con questo presupposto ho intervistato 3 ragazzi di 18 anni, Emanuele, Simone e Niccolò. L’obiettivo è capire quanto si sentano coinvolti in questa situazione partendo proprio dalla tragedia di Giulia Cecchettin che, anche forse per l’età della vittima e per l’eco che ha avuto sui media, ha catturato l’attenzione di tutti.
GAIA: Conoscete la storia di Giulia Cecchettin?
TUTTI: Si.
GAIA: Vi siete informati a riguardo? Se sì, come e perché?
EMANUELE: Si, attraverso social media, professori, compagni di classe e telegiornali.
SIMONE: Stessa cosa. Volevo capire cosa stesse succedendo, soprattutto nei primi giorni quando ancora non era stato ritrovato il corpo e non sapevamo che fine lei o Filippo avessero fatto, anche se tutti c’eravamo già fatti un’idea.
GAIA: Vi è capitato di parlarne tra amici?
NICCOLÒ: Beh, c’è il minuto di silenzio a scuola.
GAIA: E fuori dal contesto scolastico?
TUTTI: No.
GAIA: Come vi siete sentiti quando è uscita la notizia dell’omicidio di Giulia?
NICCOLÒ: In imbarazzo in quanto uomo.
EMANUELE: No, non concordo con Niccolò. Ho provato molto dispiacere nei confronti di lei e della famiglia, e molta rabbia verso l’assassino, ma di certo non imbarazzo solo perché condivido con lui lo stesso sesso: se un’altra persona compie un’illegalità, io non ho alcuna responsabilità per le sue azioni.
SIMONE: Concordo completamente con Emanuele.
NICCOLÒ: Io non ho parlato di colpa, ma di imbarazzo, di vergogna. Mi sono veramente trovato a pensare che cosa possa mai passare nella testa di qualcuno per arrivare a tanto.
SIMONE: Qualcuno inteso però sia come uomo che donna allora.
NICCOLÒ: No inteso proprio come uomo. Quante volte senti di un ragazzo picchiato da una ragazza? Quasi mai.
SIMONE: Io ne ho sentito parlare invece.
NICCOLÒ: Ma raramente, di certo molto meno di quanto spesso ti capita di trovarti davanti ad una notizia di una donna picchiata da un uomo. Questa prevaricazione maschile è ormai diventata una costante che, purtroppo, va avanti da secoli nella società. Ci siamo talmente abituati a sentire di casi di femminicidi che quasi non ne rimaniamo più stupiti.
A questo punto ho voluto introdurre loro lo slogan “Not all men, but it’s always a man” (“Non tutti gli uomini, ma è sempre un uomo”), nato come risposta delle donne al “Not all men” (“Non tutti gli uomini”) degli uomini, i quali, sentendosi presi in causa dalle prime, hanno voluto specificare che anche se molti di loro sono dei violenti, non è una cosa che li accomuna tutti.
Cercando di spiegare questo concetto però, ho notato molta confusione sulla definizione di “femminicidio”. I ragazzi credevano che questa parola non implicasse che ci fosse uomo a ricoprire il ruolo di omicida, invece è proprio così.
Dopo aver chiarito questo malinteso ho proseguito con le domande.
GAIA: Vi sentite presi in causa dallo slogan “Not all men, but it’s always a man”?
SIMONE: Assolutamente no perché non lo ritengo un concetto generalizzabile. A mio parere dipende molto da un fattore biologico: per un uomo sarà sempre più facile uccidere una donna che viceversa. Per questo trovo abbastanza scontato che la notizia di una ragazza uccisa dal fidanzato generi tanto scalpore negli animi delle persone. Lei è più debole di lui.
EMANUELE: Sottoscrivo che anche io non mi sento preso in causa, ma per il semplice fatto che ripudio ogni tipo di omicidio in quanto tale, perché questo è ciò che mi è sempre stato insegnato.
GAIA: Aldo Cazzullo scrive che siete proprio voi uomini a dover portare un cambiamento e farvi avanti per fermare la violenza sulle donne, emergenza di cui tutti dovremmo farci carico, concordate?
EMANUELE: Beh, io trovo che, almeno dal mio punto di vista, questo problema possa essere risolto unicamente con la presa di coscienza e con l’intervento simultaneo sia di uomini che di donne. Nessuno dei due ha precedenza sull’altro: solo collaborando sarà possibile trovare una soluzione a questo problema.
SIMONE: Sono d’accordo con Emanuele, anche se in effetti un po’ più di sensibilizzazione da parte nostra potrebbe essere utile, temo comunque che purtroppo non basti a fare la differenza. L’unica cosa che ci resta da fare è insistere e, impegnandoci tutti, sperare che le cose cambino al più presto.
NICCOLÒ: Per me bisogna capire che se lasciamo le donne a lottare da sole e noi ce ne tiriamo fuori, continueranno ad esserci uomini che non riterranno questa emergenza qualcosa che li riguardi, e torneremo punto a capo.
GAIA: Cosa potrebbe fare il governo, o chi è al potere, di concreto per migliorare la situazione e sradicare il maschilismo, fattore fondamentale da cui nascono i femminicidi?
EMANUELE: Educare, partendo fin dalla scuola elementare, a come ci si debba relazionare tra cittadini.
NICCOLÒ: Investire fondi in associazioni e centri antiviolenza, cosicché le donne possano sentirsi più protette. Inoltre credo che spesso molte ragazze non si rendano conto di quando una relazione diventa abusiva, confondendo quella che è violenza, fisica o psicologica, per amore. Dovremmo quindi insegnare, aggiungendo a ciò che ha detto già Emanuele, qual è una relazione sana e quali i comportamenti invece da denunciare.
SIMONE: A parer mio il governo può fare poco e nulla, sarebbe più efficace affidare il compito di diffondere un messaggio di solidarietà verso le donne a persone influenti nella nostra società in questo momento, ad esempio un cantante abbastanza seguito.
Purtroppo l’Italia è ancora un paese maschilista, e mentre le altre nazioni si impegnano nella campagna antiviolenza, approvando nuove leggi per la tutela della donna, da noi il governo ha deciso di tagliare le risorse per la prevenzione della violenza sulle donne. Siamo passati dai 17 milioni di fondi ai soli 5 milioni in un solo anno. Senza contare che a malapena riusciamo a fare giustizia a ragazze come Giulia, come dimostrano i fatti. Nel 2022 un collaboratore scolastico, accusato da una studentessa di 17 anni per molestia, è stato assolto senza pagare alcuna conseguenza, perché “una palpata breve di soli 10 secondi” non è una vera violenza sessuale. Ignazio la Russa, Presidente del Senato, ha giustificato il figlio, accusato di stupro, accusando la vittima di aver denunciato “troppo tardi”. Stessa cosa per il caso Beppe Grillo, il cui figlio “si stava solo divertendo con gli amici”; insomma potremmo davvero continuare all’infinito.
Le leggi finora stipulate si concentrano quasi esclusivamente sulla repressione e sulla punizione, quando è chiaro che c’è bisogno piuttosto di dedicarsi alla prevenzione. Dopo gli eventi tragici legati a Giulia, in Parlamento hanno iniziato ad esserci varie proposte per intervenire: educare all’affetto e al rispetto a scuola, assicurare alle donne un salario minimo così che non debbano dipendere economicamente da nessuno, contrastare la precarietà. Bene, iniziamo a farlo. Sono stati 109 i femminicidi in Italia nel 2023, quasi una donna ogni 3 giorni. Interviste come quella riportata dimostrano che non siamo sole in questa battaglia, e anche se per i ragazzi sarà sempre difficile comprendere al 100% cosa voglia dire vivere essendo donna, anche loro si rendono conto che è arrivato il momento di cambiare e di farlo insieme.
E’ l’unica soluzione.
“Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano.”
– Margaret Atwood
Se non sto studiando sto probabilmente ascoltando Taylor Swift a tutto volume nelle cuffiette , o guardando qualche puntata di “Una mamma per amica” oppure leggendo un nuovo libro, isolata da tutto ciò che mi circonda, il quale diventa soltanto rumore di fondo. Nata e cresciuta in una piccola cittadina versiliese, spero a breve di lasciare Pietrasanta per inseguire qualcosa di più grande, magari proprio il giornalismo. La scrittura è ormai diventata parte di me, e riuscire a renderla non solo una passione ma anche uno strumento che possa essere utile in un mondo pieno di ingiustizie, sarebbe la soddisfazione più grande.