Intrappolati nello specchio: la dittatura degli stereotipi di bellezza

di Matilde Zarro

Un secolo di canoni imposti: come i modelli estetici ci rubano l’identità e minano la salute mentale, soprattutto tra i più giovani. Nostro sondaggio fra gli studenti

La cantante Big Mama durante il suo monologo (nel concerto del primo maggio) contro gli haters che la attaccano per il suo corpo

Viviamo in un periodo nel quale tutti i giorni milioni di persone tentano di sensibilizzare la popolazione eliminando gli ideali di peso forma e bellezza che, senza motivo, ci racchiudono in una spirale di inadeguatezza.

La nostra è una società da sempre basata su dei canoni di bellezza, che puntualmente non solo fanno sentire sbagliata gran parte della popolazione ma provano a renderci delle piccole stampe tutte uguali.  A causa dei cambiamenti degli ideali, degli avvenimenti storici che si sono verificati e dell’evoluzione della società, ciclicamente si sono ripresentati ogni 10-15 anni degli stereotipi di bellezza che, la donna soprattutto, doveva seguire per essere considerata “bella”:

Nel periodo della belle époque la donna doveva necessariamente avere la vita stretta e i fianchi ampi e il seno sontuoso così stipavano le donne in dei busti che favorissero questa forma quasi impossibile, questo conferiva alla donna un aspetto rigido e formale. Nel primo Novecento invece piacevano non più le donne regali quanto donne eccitanti con una bellezza prorompente quasi perversa, perciò si prediligevano labbra carnose, colorazioni scure e un corpo formoso. Negli anni Venti invece si abbandonano le curve nel desiderio di un corpo sportivo e tonico quasi con tratti mascolini. Poi con gli anni Trenta invece la donna torna a dover avere forme ben accentuate che si dovevano mostrare con un atteggiamento e un vestiario sensuale ed elegante.

Con la Seconda guerra mondiale venne creata, soprattutto in Italia e in Germania, una vera e propria “politica del corpo” che richiedeva donne forti e robuste, con fianchi e curve prosperose, la magrezza femminile venne completamente eliminata, in parte perché essendo gli uomini in guerra le donne erano portate a lavorare e quindi a essere forti. Negli anni Cinquanta invece dopo la crisi della guerra il canone cambiò nuovamente, si volevano corpi carnosi, con seni grossi e fianchi, da qui nacque il famoso fisico a clessidra che richiedeva le misure di seno-vita-fianchi 90-60-90. Tra il sessanta e il settanta invece torna l’idea della donna sportiva non più morbida e in carne e ancora con l’ottanta vediamo ritornare l’amore per le forme con seni grossi a dismisura, ventre piatto, fianchi grossi e gambe slanciate. Il decennio successivo si afferma nuovamente l’estrema magrezza. 

I nostri corpi in poco più di 100 anni sono stati chiamati a cambiare radicalmente ogni decennio e questo ha portato e porta a un’insoddisfazione perenne dalla quale deriva un aumento di problematiche non solo a livello fisico ma anche mentale. Si stima infatti che il 5% della popolazione (compresi uomini e donne) che equivale a 3,5 milioni di persone, soffra di DCA (disturbi alimentari) delle quali 2 milioni sotto i 25 anni. Senza dubbio noi siamo i peggiori giudici di noi stessi, ma vedendo giorno dopo giorno modelle perfette alla televisione, non trovando taglie di vestiti nei negozi solo perché viene prediletta una determinata forma di corpo oppure ricevendo commenti velati o occhiate perché troppo alti, troppo bassi, troppo magri o troppo grassi, sicuramente non siamo agevolati nell’accettazione di noi stessi.  La domanda però è questa: siamo troppo per chi? Troppo per cosa? È preoccupante che ancora nel 2025 siamo così retrogradi da accettare o giudicare una persona in base alle sue caratteristiche fisiche. Purtroppo, tutti noi abbiamo inculcato nella mente un modello di bellezza irraggiungibile che, per quanto riconosciamo sia sbagliato, occupa comunque uno spazio in uno dei cassetti nella nostra mente. 

In tante linee di negozi, anche molto influenti, non viene tutt’ora fornita la taglia L o XS, e altrettante volte non equivalgono alla grandezza che realmente dovrebbero avere. Inoltre, queste linee sono le stesse che nelle pubblicità ci mostrano in continuazione modelle XL più formose o modelle XS minute e senza alcun tipo di forma, dimostrando che ancora non è chiaro che la taglia di una persona non necessariamente dipende dal peso, ma da altri fattori come altezza, struttura muscolare e ossea: non possiamo limitarci a identificare il riconoscimento di una taglia solo in base  a quanti numeri ci sono sulla bilancia. Ognuno di noi dovrebbe avere il diritto e la possibilità di trovare vestiti che vanno a valorizzare i nostri singoli corpi senza doversi sentire troppo o troppo poco. Ricordiamoci che, se un vestito non ci sta bene forse il problema non è nostro ma di quest’ultimo, deve essere il vestito ad adattarsi a noi e non noi ad un pezzo di stoffa. 

Pillole per dimagrimento, diete impossibili, fasciature e altri mille strumenti sono torture che milioni di persone si infliggono tutti i giorni per l’approvazione di pochi secondi non solo degli altri ma di noi stessi. Prima di sottoporsi a qualsiasi dieta o chirurgia (per non incorrere in una forte insoddisfazione) bisognerebbe giungere a un’accettazione di noi stessi come persone singole, complesse e uniche al di là di particolari che, per quanto non ci piacciano, non incidono in alcun modo sulla nostra bellezza. Ormai nella nostra società ci sono 1000 modi per cambiare i nostri corpi, e per quanto la società sia divisa tra chi concorda sul loro utilizzo e chi no, rimane il fatto che ognuno può fare con il suo corpo tutto ciò che ritiene più giusto, almeno fino a quanto non compromette la salute, cosa che purtroppo non è sempre garantita: sui social chiunque si è imbattuto almeno una volta nella sponsorizzazione di diete o centri di chirurgia che la maggior parte delle volte non sono efficaci e salutari quanto danno a vedere. A causa di ciò anche i giovanissimi incorrono nel rischio di essere manipolati, ad esempio dall’affascinante quanto nociva promessa di perdere 20 chili in soli 10 giorni. 

IL SONDAGGIO

A seguito di un questionario mandato nelle scuole di Arezzo abbiamo riscontrato dati importanti per quanto in parte, forse, falsati dalla paura di esporsi a pieno su argomenti così personali:

Alla domanda Quanto è importante per te la bellezza fisica? su 208 risposte in una scala da 1 (per niente) a 5 (moltissimo) in 102 hanno risposto 4 (molto). Mettendo in comparazione, solo in 7 hanno risposto per niente, mentre in 31 molto.

Inoltre, il nostro questionario ha riportato che il 10% degli studenti si sente sempre inadeguato per i canoni della società attuale e il 29,5% ha risposto tanto mentre il 19,8% tantissimo alla domanda Quanto ti condiziona il giudizio degli altri? 

Per quanto i numeri possano sembrare insignificanti, dobbiamo pensare che in una scala da 1 (per niente) a 5 (molto) in 79 si sentono abbastanza (3) in pace con il loro corpo, in 72 hanno votato 2, e in 31 non si sentono per niente in pace con il proprio corpo. 31 studenti tutti i giorni si guardano allo specchio e vedono qualcosa che non gli piace.

Concludo con la speranza e l’invito, soprattutto ai miei coetanei,  a cambiare il sistema perché nessuno debba più sentirsi inadeguato, perché nessuno debba più schifarsi allo specchio, perché nessuno più si senta morire per una smagliatura, le cosce che si toccano o un chilo che vede di troppo o di meno.

L'autrice / autore

Cresciuta nella campagna aretina con sangue fiorentino. Amo esprimere la mia idea con forza e confrontarmi il più possibile con le persone. Ho perennemente la testa tra le nuvole e mi perdo nei miei pensieri, a volte anche facendomi sovrastare. Mi piace osservare in disparte e studiare le situazioni prima di entrarci dentro. La parola è la mia migliore arma che uso sotto forma di ironia con, in alcune situazioni,un pizzico di arroganza. Psicologa del gruppo e chiacchierona nata.